La nostra è una constatazione data da qualche anno di esperienza. Sembra che gli asset intangibili dell’azienda quali reputazione, marchio e fedeltà del cliente non abbiano valore. Durante le nostre giornate di formazione è pacifico che la differenza tra un prodotto venduto prezzo base e un prodotto venduto a prezzo premiums stia nel concetto di brand e nella considerazione che il consumatore/acquirente ha del prodotto stesso. Sembra altresì scontato che al giorno d’oggi abbia maggiore importanza la qualità percepita di un prodotto, piuttosto che la qualità intrinseca dello stesso. I millennials, generazione curiosa, di ricercatori, di cultori dell’ “experience” e della condivisione social sono attratti dal bello, dall’immagine e dall’ordine oltre che dalla sostanza. Ricercano sul web, googlano tutto… e se non sei su google (adeguatamente), sui social e sul web (in maniera efficace), praticamente non esisti. Sono loro i futuri detentori dell’ago della bilancia del successo.
Eppure… eppure chi fa il nostro lavoro si sente quotidianamente paragonare al “figlio del cugino di un mio amico che fa i siti a tempo perso”, al “tipografo” del paese che “fa la brochure”. Si ha a che fare con budget inesistenti per aziende di grandissimo valore e di potenziale enorme. Non è una lamentela. E’ la riflessione di fine anno di due professionisti che toccano con mano ogni giorni i risultati di una buona comunicazione, della giusta strategia e del corretto marketing del vino, del turismo, del cibo e dell’agroalimentare.
Noi crediamo nel nostro lavoro e sappiamo che lo story telling, lo story doing, lo studio del posizionamento, la comunicazione mirata e il piano editorale non sono parole vuote ma strumenti concreti di successo. Buon 2019!